VINI ABBISSALI “Underwater Wines”

VINI ABBISSALI “Underwater Wines”

undersea wine

Il desiderio di sperimentare, si sa, è una caratteristica che accomuna moltissimi produttori ed aziende vinicole.
Questo desiderio accompagna le produzioni anche nel campo dell’affinamento dei vini, ed oggi vorremmo parlare con voi di un metodo che da alcuni anni incuriosisce produttori e winelovers:
l’affinamento sott’acqua.

L’idea che il vino possa essere conservato correttamente sui fondali marini, nasce dai ritrovamenti di alcuni carichi affondati nei secoli, come quello rinvenuto nel 2010 sul fondale del Mar Baltico e contenente alcune bottiglie del 1840, della famosissima Maison di Champagne Vueve Clicquot.
Tale ritrovamento fortuito portò al pensiero che, le condizioni di luce e pressione dei fondali, la temperatura costante, e l’assenza di rumori e vibrazioni (tutte caratteristiche ottimali per la conservazione e l’affinamento del nettare degli dei), potevano consentire la produzione di vini di altissima qualità.

Successivamente al ritrovamento, ed alla conferma da parte di un gruppo di esperti, delle potenzialità del metodo di affinamento, la Maison ha progettato “Aland Vault”, un contenitore studiato appositamente per l’invecchiamento del vino a grandi profondità sottomarine, in cui è stata posta una selezione di bottiglie di champagne e di vini semisecchi, costantemente monitorati dagli stessi mastri cantinieri della Maison.

A seguito della sperimentazione avviata dalla Maison Vueve Clicquot, un’altra importante realtà d’oltralpe, Chateau Larrivet Haut-Brion, di Bordeaux, ha intrapreso la strada dell’affinamento sottomarino, decidendo di confrontare due botti da 56 litri, ponendone una in affinamento sottomarino, custodita in un cubo di cemento, e l’altra conservata al Castello. Trascorsi sei mesi, il vino è stato imbottigliato e battezzato “Neptune”, e sottoposto al giudizio del famoso consulente francese Michel Rolland, il quale ha decretato che l’affinamento in mare aveva contribuito a donare al vino una maggiore complessità aromatica e tannini lievi e perfettamente integrati.

Molte aziende in tutto il mondo sono state incuriosite dall’idea e dalle potenzialità di questa tipologia di affinamento, e la stanno sperimentando, selezionando con cura le varietà di uve che meglio si prestano alla metodologia, i tempi di affinamento, la tipologia di bottiglie e dei tappi, spesso ricoperti di ceralacca, gommalacca o acciaio, al fine di preservare il prezioso contenuto.

Per fare un rapido excursus in alcuni paesi che hanno deciso di intraprendere la via dell’affinamento del vino subacquea possiamo ricordare la produzione in Grecia di “Thalassitis” di Gaia Wines, vino bianco prodotto con l’uva Assyrtico di Santorini; in Spagna, l’azienda Vina Maris nei pressi di Alicante, produce un vino bianco da uve Chardonnay e un rosso da uve Monastrell;
In Croazia è stato avviato il progetto “Coral Wine”, dove al largo dell’isola di Pag è stata creata una cantina sottomarina a cui afferiscono oltre 30 aziende viti-vinicole da tutta Europa, e che contiene un centinaio di diversi tipi di vino in affinamento, o il “Navis Mysterium”, sempre in Croazia, dove l’azienda Edivovino, pone in affinamento sottomarino il proprio vino imbottigliato in anfore di terracotta, all’interno di un peschereccio affondato, nei pressi della penisola di Pelješac.

Per concludere, non possiamo che portare alcuni esempi di vini in affinamento subacqueo prodotti nel nostro paese: nel mar ligure, la cantina Bisson produce la linea “Abissi”, spumanti metodo classico, mentre nel mar di Sardegna, la cantina Santa Maria La Palma, affina “Akenta”, spumante metodo charmat: nel mar adriatico, Tenuta del Paguro, produce vini fermi, affinati in mare, da uve Albana, Merlot, Sangiovese e Cabernet: mentre in Toscana, precisamente nella zona della maremma, l’azienda biodinamica Podere San Cristoforo produce “S’Amfora”, da uve Petit Verdot in purezza. Il vino, dopo un primo affinamento in botte, viene posto in anfore di terracotta realizzate a mano, sigillate con la ceralacca, per evitare l’ingresso di acqua salmastra e posto in affinamento in gabbie ad una profondità di circa 15 metri per nove mesi.

Altri esempi si apprezzano in affinamenti effettuati in laghi montani con l’azienda Vallecamonica che produce un metodo classico “Estremo Adamadus, che viene fatto riposare a 10 mt. di profondità nel lago alpino Aviolo posto a 1930 mt. S.l.m. all’interno del parco naturale Adamello, e “Nautilus” sempre metodo classico che affina a 40 metri nel lago d’Iseo.


L’azienda Romanese che produce “Lagorai” un metodo classico Trento doc da uve chardonnay che riposa due anni nel lago di Levico.
Due esempi che ci dicono che questa tecnica non viene utilizzata solo nelle profondità marine ma anche in quelle lacustri.

Le sperimentazioni in merito all’affinamento sott’acqua, sono davvero numerose e diversificate fra loro, al punto che, nel 2019, si è svolto a Bilbao il primo congresso del vino sommerso. Durante il congresso, gli addetti ai lavori hanno chiesto che si ponesse attenzione sull’identificazione di regole chiare per la produzione di questa particolare tipologia di vino, al fine di tutelare il consumatore, di sostenere i progetti delle aziende produttrici, e la possibilità di creare indotti turistici determinati dal fascino e dalla curiosità che tale metodica certamente riveste.

L’universo enologico non si ferma, ed offre sempre nuovi spunti per viaggiare in un calice di vino… senza perdersi in un bicchiere d’acqua.